Di LEON MODENA RABI H.°da Venetia
In VENETIA 1618 appresso G. Calleoni.
La Historia fu composta su richiesta di Sir Henry Wotton, ambasciatore a Venezia, per re Giacomo I e fu stampata in Francia da Giacomo Gaffarel, più di vent'anni dopo (1637). L'edizione fece temere al Modena che vi fossero state lasciate “cose che non sarebbero state gradite all'Inquisizione”, perciò, prima di procedere all’edizione veneziana del 1638, presso Calleoni, il rabbino si presentò preventivamente all'Inquisitore, che, esaminato il testo, lo rassicurò. Quando il Modena ebbe infatti in mano l'edizione francese, vide che il Gaffarel era intervenuto attentamente sul testo, eliminando proprio quelle “quattro o cinque cose” che avrebbero creato problemi con la censura. Da allora la Historia ebbe molte edizioni e traduzioni.
“Ho tutte l’osservanze de gl’Hebrei d’oggi descritte in brevissimo compendio…L’ho in cinque parti diviso a corrispondenza delli cinque Libri della Legge scritta da Mosè”:
I parte: vari riti, le abitazioni, le benedizioni, le orazioni, la carità, i sacerdoti…II parte: lingua e studi, i rabbini, attività commerciale, voti e giuramenti, alimentazione…
III parte: le feste ù ebraiche e i loro riti
IV parte: matrimonio e divorzio, circoncisione, riscatto del primogenito, educazione…
V parte: confessione e penitenza, morte, oltre la morte.
Il testo rispecchia soprattutto gli usi e i costumi degli ebrei veneziani del tempo, mettendo in evidenza le differenze tra le varie nazioni nel modo di pregare, di vestire e di rispettare le usanze tupiche dei vari paesi di provenienza.
Evita tuttavia di soffermarsi su alcune tradizioni che, ad occhi esterni, potrebbero sembrare semplici superstizioni, ma è attento anche a evitare argomenti che avrebbero potuto determinare interventi censori da parte dell’Inquisizione: così non parla esplicitamente dei 13 articoli di fede di Maimonide, fondamentali per il mondo ebraico, ma non accettabili dal punto di vista cristiano e accenna solo in chiusura dell’ultima parte alla visione dell’aldilà:
Resta da dire per fine che tengono che vi sia il Paradiso per l’anima de buoni qual chiamano Gan Heden, che beatificati ivi stiano fruendo la gloria solo con la vision divina.
Similmente l’Inferno, che chiamano Gheinam, per gli empij dove l’anime lor siano tprmentate con fuoco e altre pene. Ma qui alcuni siano dannati in perpetuo a penar in quella maniera, ne mai siano per uscirne, altri vi stiano solamente per certo tempo prefisso, e questo dicono esser Purgatorio, non distinguendosi per luogo ma per tempo.
La ressurrettion de morti è uno de 13 articoli del loro credere. E così aspettano che seguir debba al fine de giorni che siano tutti i morti per sciuscitar e esser da Iddio giudicate l’anime e corpi nel giorno dell’universal Giuditio.
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